Dallagiovanna a Venti e Trenta: "Prima volta che il corpo sanitario di uno stato è candidato al Nobel per la Pace"

di Anna Li Vigni

La proposta è nata dalla Fondazione Gorbachev, l’associazione di Piacenza che organizza summit mondiali dei Premi Nobel per la Pace

La candidatura al premio Nobel per la Pace di medici e infermieri italiani è stata promossa per l’impegno profuso durante l'anno 2020 in occasione della pandemia da Covid-19.

Il premio sarà assegnato il 10 dicembre 2021 e si riferisce al 2020 coinvolgendo tutta la filiera della sanità

"Piacenza è stata con Bergamo una delle città più colpite dalla pandemia. Ho visto abnegazione e spirito di sacrificio nelle persone, direi sovrumano", sottolinea Marzio Dallagiovanna, presidente della Fondazione Gorbacev.

L’intero “corpo sanitario italiano”, tra cui medici e infermieri, è ufficialmente candidato al premio Nobel per la Pace 2021 per l’impegno e l’abnegazione dimostrati durante questo anno di Covid.  

Un riconoscimento importante anche per tutti medici, infermieri, ricercatori e in generale tutte le persone che hanno operato negli ospedali e nelle strutture sanitarie.

È la prima volta che il personale sanitario di un Paese riceve la candidatura al più prestigioso dei Nobel, quello per la Pace. 

La proposta è nata dalla Fondazione Gorbachev, l’associazione piacentina, che organizza i Summit Mondiali dei Premi Nobel per la Pace.

Questa è la motivazione della candidatura: "Medici, infermieri, farmacisti, psicologi, fisioterapisti, biologi, tecnici, operatori civili e militari tutti, che hanno affrontato in situazioni spesso drammatiche e proibitive l’emergenza Covid-19 con straordinaria abnegazione, molti dei quali sacrificando la propria vita per preservare quella degli altri e per contenere la diffusione della pandemia". 

La candidatura è stata ufficialmente accettata da Oslo, la città in cui si assegna il Nobel per la Pace poichè “il personale sanitario italiano è stato il primo nel mondo occidentale a dover affrontare una gravissima emergenza sanitaria, nella quale ha ricorso ai possibili rimedi di medicina di guerra combattendo in trincea per salvare vite e spesso perdendo la loro".

"Un riconoscimento importante di cui essere fieri, non una nota positiva fine a se stessa", spiega la dottoressa Irene Leale, dirigente medico Dipartimento di Medicina e Chirurgia D'Accettazione e D'Urgenza del Galliera di Genova.

"Non possiamo essere che essere orgogliosi, per noi è stato un dovere", commenta Gloria Capriata, infermiera del Policlinico San Martino di Genova. 

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