Federagenti: Santi, non si possono privatizzare i porti solo per fare cassa

di Carlotta Nicoletti

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Santi: “Mi rifiuto di pensare che si possa anche solo ipotizzare una ben definita “privatizzazione” dei porti con il solo scopo di fare cassa”

Federagenti: Santi, non si possono privatizzare i porti solo per fare cassa

 

 “Mi rifiuto di pensare che si possa anche solo ipotizzare una ben definita “privatizzazione” dei porti con il solo scopo di fare cassa”.

E Alessandro Santi, Presidente della Federazione italiana agenti marittimi (Federagenti) rincara: “I porti italiani (con tutti i loro difetti) e l’Italia meritano qualcosa di più in termini di politica e di strategia di sviluppo e deve essere affermata con chiarezza quale sia la strategia nonché gli obiettivi alla base di questo progetto, se di questo si tratta, di privatizzazione”.

Secondo Santi prima di pensare a una privatizzazione, è indispensabile procedere per gradi e realizzare quella riforma dei porti della quale, dopo impegni iniziali, non si parla più da mesi. “Oggi – afferma il presidente di Federagenti – si torna parlare, e su questo ci trova concordi, di un soggetto centrale, in grado di progettare gli interventi nei singoli porti nell’ambito di una pianificazione e di una strategia nazionale. Si torna a parlare, o forse è giusto dire si tornerebbe a parlare, di una holding portuale nella quale, in teoria, dovrebbero entrare i soggetti privati, oppure, più credibilmente, di una trasformazione in SPA di alcune AdSP, previa acquisizione di azioni del sistema portuale italiano da parte di soggetti privati”.

“Ma gli interrogativi senza risposte prevalgono, come a titolo di esempio quello relativo al rapporto fra un Ente centrale dei porti, una holding, e i numerosi soggetti privati che già gestiscono in concessione importanti terminal nei singoli porti, ingenerando potenziali conflitti di interesse; inoltre, l’eterogeneità dei sistemi portuali genererebbe problemi di potenziale emarginazione di un apprezzabile numero di porti (e delle Autorità che li governano) che oggi svolgono comunque funzioni anche territoriali importanti.

L’Italia è un Paese dove il tanto agognato sistema di regolazione (basti pensare che la mancanza di un regolamento delle concessioni è diventato elemento di debolezza europea nel dibattito sul PNRR) fatica a prendere corpo con il rischio di compiere un salto in avanti senza aver preventivamente definito e costruito le basi per attuarlo. A nostro avviso, risulta per altro difficilmente applicabile la comparazione con il modello aeroportuale, comunque basato su concessioni, ma con effetti territoriali ed economici molto meno complessi e profondi di quanto non accada con i porti”.

“Detto che ritengo – conclude Santi – che le infrastrutture strategiche del Paese debbano essere sotto controllo pubblico e che per altro le privatizzazioni non hanno mai prodotto in Italia risultati entusiasmanti, il concetto del “prendi i soldi e scappa” svendendo quote della portualità, senza una precisa analisi sugli effetti economici e sociali di tale scelta, a mio parere ha scarsa credibilità e spero e credo, da operatore portuale, che le troppe voci circolate su questo presunto progetto di efficientamento siano preventivamente oggetto di analisi per evitare ulteriori perdite di tempo che si sommerebbero a quelle maturate in questi anni”.

 

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