Fast fashion, cresce il consumo e aumentano i rifiuti tessili in Europa
di Simone Galdi
Nel 2022 ogni cittadino europeo ha acquistato 19 chili di tessili e ne ha buttati 16: l’85% finisce ancora nell’indifferenziato
Il consumo di prodotti tessili in Europa ha raggiunto un nuovo record: 19 chili a testa nel 2022, con 16 chili smaltiti come rifiuti, in gran parte non differenziati. Lo rileva l’Agenzia Europea per l’Ambiente, che denuncia l’impatto ambientale della fast fashion e la scarsa incidenza del riciclo nel settore.
Consumi in aumento – Secondo il report dell’EEA, nel 2022 ogni europeo ha acquistato mediamente 19 chilogrammi di articoli tessili, tra vestiti, scarpe e biancheria per la casa. Si tratta di un aumento di due chili rispetto al 2019. Un ritmo di consumo che si traduce in un accumulo annuo pari al contenuto di una grande valigia, spesso composta da capi poco utilizzati o rapidamente dismessi.
Rifiuti tessili – Nello stesso anno, ciascun cittadino ha generato 16 chili di rifiuti tessili. Complessivamente, nell’Unione Europea sono stati prodotti 6,94 milioni di tonnellate di scarti, in gran parte destinati allo smaltimento indifferenziato. La raccolta differenziata copre infatti solo il 15% del totale, con il restante 85% che finisce in discarica o negli inceneritori.
Smaltimento – I dati mostrano un aumento dei rifiuti tessili inceneriti: 14% nel 2022 contro il 10% del 2010. Al contrario, i conferimenti in discarica sono calati dal 21% al 12%. Da quest’anno, l’entrata in vigore dell’obbligo comunitario di raccolta differenziata dovrebbe migliorare la situazione, anche se in Italia tale norma è attiva già dal 2022.
Sprechi industriali – Una quota compresa tra il 4 e il 9% degli articoli destinati al mercato europeo viene distrutta prima ancora di essere utilizzata. Una pratica che coinvolge scarpe e abbigliamento nuovi mai venduti, e che contribuisce ulteriormente all’impatto ambientale del settore.
Shopping online – La crescita del commercio elettronico gioca un ruolo significativo. “La quota di fatturato generata dalle vendite online di prodotti tessili è più che raddoppiata, dal 5% del 2009 all’11% del 2022”, evidenzia l’EEA. La diffusione di piattaforme che operano con logiche fast o ultra-fast fashion favorisce l’accesso a capi economici ma di bassa qualità, incentivando acquisti frequenti e smaltimenti rapidi.
Impatto ambientale – Il comparto tessile è al quinto posto per impatti ambientali tra le principali categorie di consumo. Nel 2022, ogni cittadino europeo ha generato indirettamente 355 chili di CO2 equivalente e ha comportato l’estrazione di 523 chili di materie prime, due terzi delle quali provenienti da fuori Europa. Il 70% delle emissioni collegate alla produzione tessile ha origine in Paesi extra-Ue, in particolare in Asia.
Commercio globale – Asia e Africa rappresentano le principali destinazioni dei vestiti usati esportati dall’Unione Europea. Ma la destinazione ufficiale – il riutilizzo – spesso non corrisponde alla realtà. “In Asia, i capi vengono selezionati, riesportati, riciclati, bruciati o abbandonati nella natura. In Africa, se non venduti nei mercati locali, finiscono in discarica o anch’essi dispersi nell’ambiente”, conclude l’Agenzia.
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