Genova, teatro: "Il mio nome è Caino", le confessioni di un assassino al Duse dal 19 al 21 aprile

di Redazione

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Sul palcoscenico Ninni Bruschetta, diretto da Laura Giacobbe, in un testo tratto da un libro di Claudio Fava, figlio di Pippo vittima della mafia

Genova, teatro: "Il mio nome è Caino", le confessioni di un assassino al Duse dal 19 al 21 aprile

Chi è Caino? È il male, la bestia feroce, la tenebra del destino? O solo uno di noi a cui è toccato in sorte il mestiere dell’assassino Ninni Bruschetta, attore siciliano noto per molte partecipazioni, da I cento passi di Marco Tullio Giordana alla serie cult Boris, si cala nella mente di un killer mafioso ne Il mio nome è Caino, in scena a Genova al Teatro Duse dal 19 al 21 aprile, inizio spettacoli venerdì 19 ore 20.30, sabato 20 ore 19.30, domenica 21 ore 16.


Diretto da Laura Giacobbe e prodotto da Bam Teatro, lo spettacolo è tratto dal libro omonimo di Claudio Fava, giornalista e scrittore da sempre impegnato sui temi legati alla lotta alla criminalità organizzata, figlio del giornalista Pippo Fava, assassinato dalla mafia nel 1984.


Il mio nome è Caino ci immerge nel flusso di coscienza di un uomo chiamato dal destino a essere un mafioso. Un sicario che fa parte di Cosa nostra per tradizione familiare, un uomo senza scrupoli, che conquista il soprannome di Caino perché come primo incarico assassina il suo migliore amico, e che continua a uccidere anche quando conquista una posizione di potere. Ciò che emerge dal racconto della sua vita non indulge in giustificazioni o pentimenti, ma mette in luce la tragica banalità del male.

Vestito come un crooner o uno showman da night club, Ninni Bruschetta insieme alla storia del singolo rievoca le mutazioni della mafia, dai tempi dei latifondisti sino ai giorni nostri. Le parole si intrecciano alla musica, eseguita al pianoforte dalla compositrice e direttrice d’orchestra Cettina Donato, che ha più volte collaborato con Bruschetta. Le sue note incalzano Caino, spingendolo a continuare il suo racconto, in un emozionante monologo interiore che ci svela non solo l’aspetto violento e folle ma anche, laddove possibile, una specie di normalità.