Tutte le manovre preliminari per le regionali

di Pietro Roth

3 min, 6 sec

Il punto di Paolo Lingua

Tutte le manovre preliminari per le regionali

Dopo mesi di silenzio e di attesa, escono dalle cantine dove sinora erano stati nascosti i dirigenti di un po’ tutti i parti e non guardano tanto le mosse del nuovo governo Pd-M5s e gli approcci a livello europeo, quanto a quello che accadrà la prossima  primavera per le elezioni regionali. Grillini e Pd sembrano annusarsi e studiarsi da vicino dopo anni di polemiche senza sconto e di insulti personali; a loro si approcciano gli esponente dell’estrema sinistra in gran parte usciti dal Pd in epoca di dominio renziano. Sognano una alleanza all’insegna della bandiera rossa. Nel M5s sembrano adeguarsi al nuovo look tanto che la pur intransigente Alice Salvatore ha adombrato l’ipotesi di un incontro serrato con gli esponenti del Pd per definire la vicenda della Gronda. In parole povere, pur di fare l’alleanza che potrebbe avere qualche chance di vittoria si potrebbe trovare un arzigogolato compresso sulla Gronda (pure un tempo tanto esecrata) magari trovando modifiche “verdi” che la rendano (o la facciano sembrare) più accettabile alla base più intransigente e negazionista. Altri problemi, con il passare dei mesi, emergeranno.

Tutto buio per la candidatura a premier salvo la soluzione d’un “esterno” misterioso adombrata dall’ex ministro Roberta Pinotti. Un po’ arduo imporre un leader troppo qualificato esponente ufficiale   di una delle due parti. Ma siamo solo alle prime puntate. Da qui alla primavera sarà pronto un romanzo d’appendice.  E, a questo punto, passiamo in casa del centrodestra. Il presidente della Regione Giovanni Toti ha preso parte ieri alla protesta in piazza a fianco della Lega e di Fratelli d’Italia, pur prendendo le distanze dai movimenti di destra estrema e fascista. Toti sta cercando, girando per l’Italia e puntando alla bassa e media dirigenza di Forza Italia, scontenta della vecchia gestione, di costruire il nuov9o partito “Cambiamo!” al quale i sondaggi, per ora, attribuiscono il 2,3%. Ancora poco soprattutto nella prospettiva d’un Parlamento con un forte taglio di deputati e senatori. Anche la legge proporzionale per ora non basta dal momento che è quasi certo uno sbarramento del 3%. Ma Toti punta a una crescita nel caso riesca a ottenere qualche buon risultato regionale e non solo in Liguria. Per quel che riguarda il suo collegio naturale Toti conta di essere indicato dagli alleati Lega e Fratelli d’Italia come presidente per il secondo mandato, considerati gli ottimi rapporti con La Meloni e con Salvini.

E Forza Italia? Quello che fu il forte partito di Berlusconi in Liguria ha una geografia a casacca di Arlecchino. Può contare nel Tigullio sul sindaco di Rapallo Carlo Bagnasco che è in auge e su suo padre, Roberto Bagnasco, deputato che non ha aderito alla scissione di Toti. Poi c’è in gran parte di Savona e in quasi tutta la provincia di Imperia l’incognita di Claudio Scajola. Il sindaco di Imperia non andrà certo con i grillini che gli hanno mosso sempre una guerra senza quartiere, ma i rapporti con Toti non sono idilliaci. Forza Italia, se a tutti i livelli i rapporti con Salvini peggiorassero, potrebbe correre da sola alle regionali. Si parla di una candidatura di Vinacci, fedelissimo dell’ex cavaliere, recentemente silurato nella giunta di Bucci. La lista di Forza Italia, sorretta dagli scajoliani, potrebbe correre da sola, sia mpure sapendo di non riuscire a vincere. La potrebbe far mancare a Toti la percentuale sicura per vincere, un po’ come la volta scorsa l’estrema sinistra dissidente face mancare i voti al centrosinistra per fare eleggere Raffaella Paita. L’estremismo e il secessionismo sono “malattie infantili”, come le definiva Lenin quasi un secolo e mezzo fa, ma sono malattie che in politica  non scompaiono mai. E non ci sono antidoti.