Ponte Morandi, la sfortuna peggiore: tutto rinviato

di Paolo Lingua

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Ponte Morandi, la sfortuna peggiore: tutto rinviato
Era prevedibile, purtroppo. E, per aggiungere una considerazione banale, ci si è messa la sfortuna peggiore: nelle travi della “colonna” del ponte Morandi da abbattere, le analisi suppletive hanno individuato una traccia, seppur minima di amianto. Tanta quanto è bastata per blo0ccare, per il momento, il progetto di demolizione con l’impiego di microcariche esplosive. Era stato tutto organizzato con il massimo scrupolo. La colonna portante sarebbe andata in frantumi in due minuti senza provocare eccessive dispersioni di polveri potenzialmente dannose e inquinanti. Nelle previsioni si pensava che non ci fosse amianto nelle strutture di cemento. E in effetti sembra che la presenza percentuale sia minima, ma tale da bloccare per il momento la demolizione prevista per sabato. Adesso, tutto il problema è capire come, quando e come sarà possibile la demolizione. Le operazioni per azzerare i due  tronconi del ponte, dopo il taglio di due percorsi di cemento e asfalto delle scorse settimane stanno subendo quindi uno “stop” che si sperava di scavalcare. Ma sulla vicenda della demolizione tutti i riflettori sono puntati e, ogni giorno, emergono nuove difficoltà, grandi e piccoli, che sembrano fatte apposta per incrinare l’ottimismo che a tutti i costi esprime il sindaco-commissario Marco Bucci. Abbiamo già avuto imprese che si sono ritirate dall’impegno operativo, ci sono ecologisti e ambientalisti con il fucile puntato e poi sono – peraltro comprensibilmente – in fibrillazione gli abitanti delle aree limitrofe ai lavori. In questa prospettive i ritardi sono scontati. E c’è da augurarsi che siano sempre incidenti di dimensioni limitate, in grado di essere scavalcati e superati nei limiti di tempo. Ma su tutta l’opera incombono  sempre rischi di azioni di interdizione o giudiziarie, magari infondate e frutto di invidia o di rancorosa concorrenza, ma che sono pur sempre antipatici fastidi. La ricostruzione esige una velocità operativa, collegata all’urgenza che ha la città (ma anche l’intero territorio) di tornare alla normalità di movimentazione dei traffici commerciali e della circolazione dei cittadini privati. Il “vulnus”, inutile ripeterlo, è stato pesante, anche perché imprevisto. Gli effetti negativi si avvertono ancora e , in certi casi, ci sono danni economici che sono in crescendo. E’ quindi assurdo spiare i lavori in atto, cercando anche la minima occasione per bloccarli o ritardarli. Ci sono già state fin troppe lentezze e contraddizioni da parte del Governo nei mesi scorsi, in parte riequilibrate dall’azione delle istituzioni locali. Tanto è vero che è stato osservato che, grazia al crollo, sono state recuperati percorsi urbani alternativi che erano da anni disponibili e che erano stati quasi messa da parte dalla solita lentezza operativa “alla genovese”. Ora si spera che la demolizione annunciata non slitti di mesi, così come ci si augura che siano rapide le operazioni successive di rimozione dei detriti. Si attendono, e non sarà una cosa semplice, le demolizioni delle abitazioni che non potranno essere più conservate sotto il percorso del vecchio ponte e, anche per questo caso sarà utile prevedere la presenza di amianto in quelle vecchie costruzioni che, a loro volta, si pensava di demolire con le microcariche di dinamite. Sul tavolo del sindaco – commissario rischiano di fare mucchio i faldoni delle pratiche complesse da risolvere, una realtà sulla quale vanno sommate le potenziali spese delle imprese che si sono aggiudicate gli appalti, spese appunto che, senza previsione, potrebbero crescere. L’ombra che si profila in Val Polcevera è dunque inquietante. E’ urgente rimuovere dubbi e paure con rapidità, trasparenza, ma in particolare, con efficienza per non perdere l’appuntamento con la storia della ricostruzione.