La lunga marcia per la demolizione di ponte Morandi

di Paolo Lingua

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La lunga marcia per la demolizione di ponte Morandi
La demolizione della colonna numero 8 del ponte Morandi, dove sono state trovate tracce di amianto, si svolgerà la prossima settimana e sarà effettuata – sembra con la massima precauzione e cautela – in maniera meccanica. Sarà eliminata meccanicamente con l’impiego di trivelle, piccoli e altri strumenti specifici, senza ricorrere alle minicariche di esplosivo che potrebbero disperdere nell’aria polveri nocive. Sarebbe questo, a quel che è dato di capire, il “piano B” scaturito in fretta dagli uffici tecnici e dalle imprese incaricate della demolizione. Sono previste altre demolizioni per azzerare entro pochi mesi tutto quel che resta del ponte, sembra (il dubbio ovviamente resta sempre perché possono emergere sorprese) che sia possibile ancora l’utilizzo delle cariche di dinamite. Questa seconda metodologia, come è fin troppo chiaro,  consentirebbe esecuzioni più rapide e accelererebbe i tempi per la seconda fase, quella della ricostruzione. Sino a questo momento l’aspetto più complesso di tutta la vicenda appare proprio la fase demolitiva, per tutta una serie di motivi. In primo luogo pende sulla prassi il rischio della presenza di amianto, una realtà che potrebbe anche essere collegate alla demolizione delle centinaio di appartamenti che non saranno più ricostruiti, trattandosi di edifici legati all’epoca in cui l’amianto veniva impiegato  dai costruttori perché non ne era nota la pericolosità per la salute dell’uomo.  Anche per questo caso le preoccupazioni non mancano e soprattutto ci si rende conto che potrebbero creare ritardi per la ricostruzione. L’impiego delle minicariche di dinamite era sembrato a tutti il processo più rapido, anche se poi sarebbe nato il problema di rimuovere le macerie. Sull’intera vicenda pende ancora comunque l’ombra, peraltro importante e necessaria, dell’azione giudiziaria non ancora completata per quel che riguarda l’analisi e la valutazione delle cause del disastro, perché non è del tutto chiara ancora la causa specifica scatenante il crollo e soprattutto le cause che a monte potrebbero aver portato al dramma . Ci sono insomma molti sentieri da percorrere contemporaneamente e che non sarà agevole superare, avendo in particolare alle spalle l’ossessione dei tempi da rispettare, anche perché su questa tematica forse si esagera nel diffondere ottimismo al fine di coinvolgere, in senso positivo, la pubblica opinione che scalpita affinchè la ferita del crollo si chiuda al più presto.  E’ evidente, anche per le tecnologie più moderne che saranno impiegate, e proprio per  l’impiego prevalente dell’acciaio  al posto del cemento armato, che la ricostruzione specifica del ponte avrà meno problemi anche di carattere ecologico e burocratico rispetto alle operazioni complesse della demolizione dei due tronconi. Forse in questa chiave i tempi previsti, se non accelerati perché appare quasi impossibile, potrebbero essere rispettati. E’ questa la speranza che aleggia sulle imprese costruttrici e sulle istituzioni impegnate in prima linea, ma per il momento si tratta solo di un auspicio. E’ fin troppo evidente che le vicende finanziarie  ma soprattutto l’azione giudiziaria occuperanno spazi e tempi incalcolabili. Il ponte crollato sarà un sentiero aspro e rovente a tratti che ci accompagnerà purtroppo ancora forse per un decennio, prima che tutte le cause siano chiuse. Ora però ci deve essere spazio per l’azione, naturalmente con il massimo e assoluto rispetto per la salute dei cittadini e dei lavoratori per non creare altri danni. Aspettiamo dunque con impazienza le nuove linee d’azione che scaturiranno dalla linea del commissariamento strao0rdinario e dei tecnici.