La lunga marcia della demolizione di ponte Morandi

di Paolo Lingua

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Il punto di Paolo Lingua

La lunga marcia della demolizione di ponte Morandi

Sono in corso le prime fasi della complessa operazione di demolizione dei due stabili di via Porro, nella prospettiva dell’abbattimento, entro la fine di giugno, delle pile 10 e 11 del  Ponte Morandi. Gli stabili, come ormai è noto, saranno demoliti meccanicamente con complesse tecnologie, mentre le pile saranno sbriciolate con un complesso sistema di microcariche di dinamite. Saranno, si spera entro l’autunno, abbattuti altri stabili e altre pile, però sempre con sistemi meccanici. Si prevede assai complessa la rimozione dei rottami e dei frammenti, anche per limitare al massimo l’inquinamento della zona con la diffusione di polveri  a rischio di amianto, anche se le analisi sinora condotte sembrano indicare una presenza assai limitata della pericolosa sostanza. Il discorso è comunque assai complesso. I lavori di demolizione si sono rivelati sinora forse l’aspetto più difficile e complicato legato al crollo del ponte e alla sua ricostruzione.

Per dare il via ai lavori costruttivi occorre che la zona sia ripulita completamente, che ci siano passaggi (per i mezzi di supporto alla costruzione) liberi e ola massima agibilità. In prospettiva, è già stato, in più occasioni, annunciato che nella zona demolita sarà realizzato un vasto parco urbano, un segnale di rimozione delle immagini e del ricordo di tanti lutti e di tanti danni alle cose e alle persone. La situazione s’è fatta anche più complessa perché c’è stata da parte dei comitati locali una richiesta alla magistratura di ulteriore controllo per la diffusione eventuali di polveri dannose alla salute nel caso di demolizione con l’impiego di esplosivi. E’ un  aspetto della complessa operazione di demolizione che continua a suscitare dubbi e inquietudini non facili a essere placate perché non sono frutto di gioco dei veti incrociati ma sono preoccupazioni  che non si possono rimuovere agevolmente, dopo tanti traumi subiti. Al tempo stesso, a essere obiettivi, non ha torto neppure il sindaco-commissario Marco Bucci che preme per accelerare tutti i lavori e che, dopo tante prove, ha raggiunto la certezza che non ci saranno danni alle persone, tanto è vero che ha annunciato che, dopo la demolizione delle colonne portanti con l’esplosivo sarà la prima persona  a entrare nell’area incriminata.

Non mancano a questo punto interrogativi sui tempi di realizzazione. Dando per scontato questa grossa tranche di demolizioni per la fine di giugno, ci saranno altri interventi (altre colonne portanti e altri edifici abbandonati da radere al suolo) prima di arrivare al completamento di questa fase, forse la più complessa dopo il crollo del ponte.  Si potrà contare sul decollo della ricostruzione effettiva entro la fine dell’anno? Ha ragione il sindaco commissario Marco Bucci a insistere. E’ fin troppo ovvio che se la ricostruzione inizierà attorno al giro di boa della fine dell’anno il completamento del ponte potrebbe essere completato entro il 2020, compresi i controlli e i collaudi. Per Genova, al di là degli aspetti irreparabili del danno subito, potrebbe essere davvero un segnale concreto di ripresa. Lasciando operative tutte le scelte strategiche di comunicazione recuperate in città, soprattutto nelle aree della Valpolcevera e del Ponente cittadino, si avrebbe una ripresa del traffico portuale, con una velocizzazione del trasporto di merci e passeggeri che si trasfo0rmerebbe in una offerta potenziale sul mercato internazionale. Non solo: subirebbero accelerazioni tutti i progetti dell’area portuale, dall’allargamento delle diga foranea alla ristrutturazione delle aree recettive dell’Hennebique e di Ponte Parodi, per non parlare del Waterfront di Levante. Genova si rimetterebbe davvero in corsa. Occorre velocizzare e stringere i denti.