Il voto sulla Tav, ulteriore elemento di caos

di Paolo Lingua

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Il Punto di Paolo Lingua

Il voto sulla Tav, ulteriore elemento di caos
Alcuni sapienti commentatori politici già nei giorni scorsi hanno sentenziato che per capire che cosa accadrà nei prossimi giorni (o anche nei prossimi mesi,  da qui alla fine dell’anno) occorrerebbe disporre della sfera magica. E’ vero, ma può sembrare anche troppo facile, dal momento che le sfere magiche non sempre ci azzeccano. Il teatrino che s’è svolto oggi in Senato è sotto gli occhi di tutti. La mozione “no Tav” del M5s è andata in netta minoranza (come previsto) e ha avuto lo sporadico supporto di qualche voto dei movimenti di estrema sinistra. Tutte le altre mozioni a favore della Torino – Lione (Lega, Pd, Forza Italia e Fratelli d’Italia) sono passate a larga maggioranza, grosso modo sui 180 voti, uno più uno meno. Viene in mente il titolo d’un famoso romanzo: “E adesso che fare pover uomo”? Bisognerebbe capire chi è il “pover uomo”: Di Maio oppure Salvini che finge di essere povero? Ma soprattutto: quale sarà ormai la sorte del Governo, considerato che, proprio in questi giorni, Salvini spinge sulla legge per i tagli fiscali alle imprese e a certe fasce di lavoratori, disposto a sfondare il limite del 2% del debito pubblico alla faccia dell’Europa, dinanzi ai freni di Tria e dello stesso premier Conte? Troppe domande e tanti dubbi fitti come paletti aguzzi che si conficcano sul percorso d’una alleanza che ormai appare di giorno in giorno sempre più sfilacciata. Ma, se non ci sarà un colpo di scena, per adesso il Governo non cadrà. In realtà l’esecutivo  potrebbe crollare solo di fronte a una impuntatura dei “grillini” stanchi di essere schiacciati in ogni scelta da Salvini, fatto sempre più prepotente dopo il voto delle elezioni europee. E’ stato detto e ripetuto, anche secondo gli “opinionisti” che vanno per la maggiore, che in realtà in questo frangente nessun partito e nessun schieramento vuole votare. Salvini oscilla tra il “dream” di vincere e governare da solo e la preoccupazione invece di non perdere voti d’opinione da un momento all’altro. E’ probabile che, tra gli altri suoi intenti occulti e palesi, ci sia anche quello di “cuocere” il M5s e farlo crollare elettoralmente. Resta indubbio che Salvini vuole portare altro fieno in cascina, vuole evitare che Mattarella, con una crisi estiva punti semmai a un breve governo tecnico. In complesso il leader della Lega ritiene semmai di andare a votare in primavera, magari un mese o due prima delle regionali e amministrative, in un contesto politico più chiaro. Il M5s è in maggiori difficoltà: la crisi del governo e le possibili elezioni potrebbero aprire l’abisso. I “grillini” con forti contrasti interni e spaccature tra “governativi” e “duri” tradizionali rischiano di diventare un partito estremista condannato all’opposizione fine a se stessa. Lo stesso destino dell’estrema sinistra uscita dal Pd. Ma anche il Pd ha bisogno, dal suo punto di vista, di fiato e di riassestamenti interni se vuole sfruttare gli errori e le contraddizioni degli avversari. Il voto a breve termine non consente a Zingaretti una riorganizzazione e un sistema di alleanze solido. Per quel che riguarda Fratelli d’Italia il problema è meno drammatico. Per adesso la Meloni è l’unica alleata – tranquilla – che Salvini possa accettare in un futuro governo. Più complessa invece è la situazione dell’area moderato-liberale dove è nata da pochi giorni la corsa delle due componenti, "L'Altra Italia" di Berlusconi e "Cambiamo" di Giovanni Toti. I due gruppi si contendono un’area che per ora oscilla sul 10% a livello nazionale. Può crescere? E come si dividerebbero i consensi? E c’è disponibilità (reciproca) per una alleanza con Salvini per rendere più centrista e meno destrorsa la sua linea politica? Siamo sempre nel campo dell’infittirsi degli interrogativi. Forse occorre davvero la sfera di cristallo. Ma cristallo trasparente e non opaco.