I moli di Genova in attesa di nuove iniziative: forse era l'ora

di Paolo Lingua

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Il punto di Paolo Lingua

I moli di Genova in attesa di nuove iniziative: forse era l'ora

Nel porto di Genova si torna a parlare di nuove iniziative, oltre alla tanto attesa ristrutturazione  e allargamento a mare della diga foranea. Si torna a parlare anche, dopo la sconfitta amministrativa del ricorso degli olandesi, d’una ripresa del progetto del Waterfront di levante: ed era l’ora, anche in questo caso. Ma, negli ultimi giorni, i vertici di Palazzo San Giorgio  hanno rilanciato il progetto della ristrutturazione del complesso Hennebique  che da decenni è in abbandono, collegandolo (e questa è un’idea intelligente) con la sempre sospesa ristrutturazione di Ponte Parodi. L’asse ideale Parodi – Hennebique dovrebbe dar luogo a un assetto d’attracco, con annessi e connessi, per il nuovo polo turistico – crocieristico.  In poche righe abbiano resuscitato una serie di progetti e programmi che da decenni vengono annunciati e descritti con enfasi da istituzioni e politica, ma che poi non hanno trovato mai il momento e la sostanza (progetti concreti, fondi, tempi di realizzazione) per diventare realtà. Eppure, al di fuori di ogni retorica, il porto di Genova avrebbe bisogno di questi interventi di ristrutturazione, superando i giochi dei veti incrociati e il mar dei Sargassi della burocrazia imperante che quasi sempre è un nemico più insidioso della mancanza di fondi. Ripassiamo la storia per rispetto dei nostri lettori.

Il complesso dell’ Hennebique è abbandonato da decenni. All’inizio del XX secolo è stato il primo edificio in cemento armato del nostro scalo e per questo è “difeso” dalla sovrintendenza alle belle arti che ne vieta la demolizione. Per decenni è stato un importante magazzino di deposito di granaglie. Per questo è una struttura che in larga parte non ha piani divisi: presenta imponenti vuoti. Qualunque sia l’uso che si possa immaginare, è necessaria, oltre il restauro dei muri portanti, anche una ristrutturazione interna in funzione degli obiettivi che ci si è prefissi. Da quasi quindici anni il grande edificio è oggetto di esercitazioni politiche fantasiose: condominio di lusso, museo, albergo, eccetera. E passiamo al Ponte Parodi. Una dozzina d’anni fa partì e rimase sulla carta (a questo punto per fortuna perché sarebbe stato un fiasco)  un progetto extra-shipping con negozi diu lusso, centri commerciali, ristoranti e persino un teatro. Il progetto, quando ci si rese conto che era fuori mercato, rimase bloccato ma mise in difficoltà la gestione dello scalo perché Genova dovette rinunciare, a favore di Savona, a diventare il terminal di riferimento delle crociere della linea Costa. Un capolavoro di autogol, trappola nella quale caddero Comune, Regione, Autorità Portuale e così via. Ora si torna con i piedi per terra.

Il traffico crocieristico, con i suoi collegamenti e la sua filiera di mercato (arrivi, partenze, giro d’acquisti in città, gite nei dintorni) ha allargato il suo giro d’affari, con sempre nuove navi, sempre più moderne e sempre più grandi. C’è spazio e lavoro oltre che per Savona, considerando che oltre la Costa sono in crescita la Msc e altre compagnie multinazionali, anche per La Spezia e per Genova, superando anche la visione ristretta della concorrenza localistica. Ponte Parodi e l’area dell’ Hennebique possono offrire spazi, attracchi e strutture recettive adatte al questo boom che sembra ormai non arrestarsi, considerato che le compagnie armatoriali continuano a commissionare nuove navi, sempre più grandi. Genova quindi deve mettere a punto date non troppo dilatate per presentare progetti e per mettere a punto un piano organico e preciso e abbandonare le confuse idee che venivano vendute per geniali trovate a cavallo tra gli anni Novanta del secolo scorso e gli anni Duemila. L’ideale sarebbe chiude, anche gli interventi di ristrutturazione, nel volgere al massimo di tre-quattro anni, perché solo così sarà possibile afferrare e gestire un “business in progress” perfettamente idoneo al porto di Genova. Se, nello stesso tempo, sarà possibile completare l’allargamento della diga, spostata quindi a mare, con un dragaggio che approfondisca i fondali del porto, si sarà compiuto un piccolo capolavoro. La velocità di esecuzione dei lavori è ormai, nell’economia contemporanea, un valore aggiunto. Si spera anche di superare il rischio di rivalità interne, veti incrociati, ricorsi amministrativi e giudiziari che hanno il solo fine di bloccare o comunque ritardare i lavori. Anche il Waterfront di levante, ovvero il complesso funzionale sostitutivo di quello che fu la Fiera di Genova è importante e potrebbe essere collegato con il progetto che vede al centro il mercato crocieristico. Si parla di allargare l’approdo delle imbarcazioni turistiche e da diporto, dando una nuova funzione e un nuovo significato all’area ex fieristica che dovrà avere altre destinazioni, ma sempre con contenuti concreti, senza sogni sconnessi. Genova, nella frenetica attesa della ricostruzione del ponte che dovrebbe, nel volgere d’un anno o poco più, riportarla alla normalità, non si può permettere, all’insegna del dilettantismo e degli “spot” promozionali fini a se stessi, progetti insensati. Non si può vivere sempre in campagna elettorale. Il generale De Gaulle diceva “la ricreazione è finita”. E aveva mille ragioni.