Decapitò lo zio per il terreno, Cassazione conferma 30 anni di galera a Claudio Borgarelli

di Redazione

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La sentenza ieri sera. La figlia della vittima: “Siamo stremati, ma giustizia è fatta”

Decapitò lo zio per il terreno, Cassazione conferma 30 anni di galera a Claudio Borgarelli
La Corte di Cassazione ha confermato ieri sera la pena di trent'anni di galera per Claudio Borgarelli, 58 anni, l'infermiere che l'11 ottobre del 2016 nel bosco di Craviasco, nel comune di Lumarzo, uccise e poi decapitò con un machete lo zio Albano Crocco, 65 anni, anche lui ex infermiere, dopo l'ennesima lire per un terreno adiacente alla casa di campagna a Craviasco, nell'entroterra di Genova. La sentenza è stata accolta con soddisfazione da Daniela Crocco, la figlia della vittima e cugina oltrechè grande amica dell'assassino: “Finalmente è stata fatta giustizia, anche se siamo stremati per lo strazio patito in tutti questi anni di indagini e processi, possiamo dire che ora finalmente potremo mettere una pietra sopra a questa tragedia che ci ha stravolto l'esistenza”. Daniela poi critica ancora il cugino, “se aveva i soldi per pagarsi un secondo avvocato, visto che in Cassazione al suo legale Antonio Rubino ha affiancato un principe del foro del calibro dell'avvocato Franco Coppi, che ha difeso gente come Silvio Berlusconi e Giulio Andreotti, perché non risarcisce noi vittime come stabilito dai giudici?”. Una domanda a cui prova a rispondere l'avvocato Rubino: “Il mio assistito non ha più nulla e si è spogliato di tutto quello che ha per darlo ai familiari dello zio ucciso, la retribuzione dell'avvocato Coppi infatti è stata saldata dai genitori e dal fratello di Claudio Borgarelli”. L’ex infermiere è stato condannato per omicidio volontario aggravato dai futili motivi e occultamento di cadavere perché la testa della vittima non è stata ritrovata. Il sostituto procuratore Giovanni Arena titolare dell'indagine svolta dai carabinieri di Chiavari aveva chiesto la condanna all’ergastolo anche per avere commesso l’omicidio con crudeltà e premeditandolo, ipotizzando che lo zio dell’imputato fosse stato decapitato quando era ancora vivo. La perizia del medico legale Alessandro Bonsignore affermava invece il contrario. Dubbi su questa teoria erano stati sollevati anche dal medico legale Marco Salvi, incaricato di effettuare una perizia dai famigliari di Crocco, che si erano costituiti parte civile con gli avvocati Giulia Orlando e Patrizia Maltagliati e in sede penale assistiti dal'avvocato Andrea Vernazza. Nessuno però, aveva sostenuto il gup Marie Teresa Rubini, aveva portato elementi certi per poter affermare che Crocco avesse subito la decapitazione mentre era vivo. Così aveva escluso l’aggravante della crudeltà.